Dei ricordi mi piace l'esattezza.
Mi piace l'algoritmo della mente nel
riprodurre odori precisi, artificiali, plastificati. Sequenze di vita
nel cellofan, accatastate nella polvere.
Mi piace dare altri nomi all'assenza.
Lavoro.
Esami.
Vino.
Sorrisi a denti scoperti.
E mi piace crederci, una menzogna alla
volta.
Ogni volta che smetto di fumare, il
tempo di andarmi a comprare un nuovo pacchetto. Annegare la presenza
torbida della contraddizione.
“La maschera è bellezza, e la
menzogna è amore”. Ma ho sentito di mondi interi che sono crollati
per molto meno.
La promessa di svegliarsi presto la
mattina seguente.
Il primo caffè che sa di amaro e
ruggine incrostata sulle buone intenzioni.
E poi il superfluo, gli anacoluti, le
domeniche pomeriggio, il quarto set di una partita di tennis.
I compleanni di un'età che non hai più
neanche nei vestiti.
Mi è piaciuto credere a quando ti ho
detto “ti chiamo”, e poi non l'ho fatto.
E mi piace credere di essere stato io,
quello che l'ha detto.