Neanche lo ricordo quanto tempo è
passato da quando ho stretto i desideri in un pugno e li ho infilati
nelle tasche, come se fossero profonde kilometri, come se non li
sentissi al tatto ogni volta che tentavo di tornare a casa, ogni volta
che ne cercavo una.
Io ero quello che si convinceva di non
avere le mani fredde anche quando era inverno attorno e non c'era
nulla da stringere. Ero quello che conservava l'ultima sigaretta
accanto al petto come un amuleto, convinto che chiunque comprasse
pacchetti nuovi troppo facilmente non avrebbe mai capito nulla
dell'amore.
Ero quello per cui viaggiare era
soltanto aspettare qualcuno i cui occhi potessero smantellare i
binari e liberare i treni. Ero quello che dei sogni se ne riempiva le
braccia, lasciando che prendessero esattamente la forma della tua
vita.
Poi ci sono mattine che hanno lo stesso
sapore di labbra umide appoggiate sul petto.
Ci sono visi di cui ti riempi gli
occhi. E ci sono cuscini che conserveranno sempre la sagoma dei
desideri, di quelli che hanno un nome.
Alla fine ci siamo trovati. E ci siamo
lasciati cadere addosso come lacrime, insegnando al passato a
scavarci sorrisi sulle guance.